La donna nel medioevo
Scrivere riguardo alla condizione femminile nel Medioevo significa attingere da fonti scritte da uomini appartenenti a due sole classi: il clero, di solito celibe, e l’aristocrazia, ovvero da una stretta casta che poteva permettersi di considerare le proprie donne come un bene ornamentale. Bisogna aspettare gli ultimi secoli di questo periodo perché anche le donne di condizioni più umili appaiano, così come bisogna aspettare il XII sec perché gli strati più alti delle classi medie urbane si facciano sentire con maggior forza grazie allo sviluppo del commercio. Tuttavia i modi di vedere più diffusi erano già stati fissati secondo determinati modelli e di conseguenza la nota cittadina ha fatto proprie le idee ufficiali sulla donna e il matrimonio come se fossero una legge di natura. La donna quindi non prende la parola, non esprime il suo punto di vista sulle donne, tranne in rari casi di autrici – la compositrice di lais nota come Maria di Francia – che però si attenevano scrupolosamente alle convenzioni poetiche del tempo.
L’opinione che fa della donna uno strumento del diavolo, una cosa ad un tempo inferiore e cattiva, ha preso forma nel primo periodo della Chiesa. Essa affonda le sue radici nelle parole di san Paolo, ha trovato espressione nella vita e negli scritti dei primi padri della chiesa e realizzazione nella filosofia e nella morale del monachesimo. Si afferma così il concetto della donna come suprema tentatrice, il più grande di tutti gli ostacoli sulla via della salvezza. Discendente di Eva, quindi, essa incita al peccato, rappresenta un vero e proprio pericolo, distruggendo la forza e lo spirito dell’uomo. Per i teologi medievali, come San Tommaso, l’uomo deve dominare in quanto la donna è nata dall’uomo e per l’uomo. Chiesa e aristocrazia collaboravano così a rendere stabile la dottrina della soggezione della donna all’uomo messa in rapporto con la sua essenziale inferiorità. Nel XII sec, la diffusione della paura della